lunedì 28 gennaio 2013

dal taccuino di Martina (di novembre)

Il 29 ottobre alle 7.00 di prima mattina sono arrivata in ospedale, puntuale come mi avevano detto. Ovviamente all'arrivo noti subito le persone che devono subire un intervento: chi si mangia le unghie e muove le gambe ad altalena, chi rimane abbracciato al compagno e chi come me, non vede l'ora di aver finito tutto per mangiare qualcosa dopo l'operazione; ma questo tipo di emozione non la fai vedere perché ti devi dare un contegno. Insomma, alla fine mi hanno assegnato la stanza e il numero del letto: n° 19 letto 2. Rimembrando le circostanze dell'anno precedente quando dovevo togliere un fibroma, mi avevano fatto andare digiuna ma poi fino alle 14.30 non mi avevano considerato. Stavolta allora io e soprattutto il mio babbo, ci eravamo informati in che ordine avrei subito l'operazione: sarei stata la prima. Ah! Menomale che così poi mangio! Nella mia camera c'è già una ragazza con la sorella, deve essere operata per emorroidi e si sta preparando. Le chiedo: "cosa fai?" intendendo: "che operazione devi subire" e lei: "la peretta!" E giù, subito a ridere! Le infermiere hanno già capito dove si faranno i festini post-operazione! La nostra conoscenza si tramuta subito in amicizia tanto che a distanza di un mese i nostri sms e telefonate non sono rimasti solo una promessa. È arrivato il momento di portarmi in sala operatoria: due infermiere trasportano il letto fuori dalla stanza e un lungo corridoio mi porta nel reparto più ambito dai chirurghi che secondo Freud, Sigmund, sono dei maniaci mancati. Prima di arrivare in sala operatoria, sul soffitto dell'ascensore che collega i reparti, sono sdraiata e noto la scritta: Pisa merda! Arrivati alla sala pre-operatoria c'è un gran via vai di dottori, anestesisti, ferristi e infermieri. Corrono da un posto all'altro e mi hanno lasciato nell'anticamera e qualcuno è andato ad accendere la radio! E vai con la musica! Arriva l'infermiera e nota i miei tatuaggi e io tutta galvanizzata dal nervoso le faccio vedere anche quelli che non si vedono. Arriva poi l'anestesista e mi da un antidolorifico. Bastano 2 minuti e mi sento proiettata negli anni 70 e LSD, vedo tutto come se avessi la testa nell'acqua, tutto appare in movimento: che figata! Poi ad un certo punto vedo l'anestesista che mi mette la maschera e sento che dice: “mah, io inizierei, ma non si vede il dottore” e i miei pensieri si sono trasformati in 3 dimensioni: “no, no, che fate! Non mi addormentate se il chirurgo non c'è, non …… ” Mi svegliano con voce decisa e imponente e dicono che il primo pensiero trasformato in parole è stato gridare Grisù! Mi hanno riportata nella stanza 19 ma i festini tra me e la mia amica di stanza quella sera non si sono fatti, la morfina ci teneva calme. Il giorno dopo la compagna di stanza esce, un bacio di buon augurio e ci si rivedrà. Due giorni dopo arriva un'altra ospite all'ospedale, una signora di una certa età e il nostro necessario coinquilinismo si trasforma subito in affetto. In quell'occasione invece il festino si è fatto davvero: ci siamo gustate due fieste la sera di halloween e siamo andate a letto tardi, intorno alle 23. 

Ma in tutte queste peripezie c'è stata la mia amica Michela che è venuta a trovarmi e che tra un po' subirà l'operazione per un tumore al seno. Sembrava che ci fossimo viste il giorno prima a 20 anni e il giorno dopo ci siamo riviste a 40! I suoi capelli mangiati dalla chemioterapia l'hanno resa ancora più dolce di quanto sia già nella realtà. Ma finalmente si mangia! Omogeneizzato, puré … non mi va giù niente. Ma ora sono di nuovo qui, a casa mia dal mio Grisù! E questo è quello che conta davvero ... 

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